Marina Moretti. Emigrazione russa a Sanremo dopo la Rivoluzione del 1917

Marina Moretti

Emigrazione russa a Sanremo dopo la Rivoluzione del 1917

A Sanremo, dove a cavallo tra Ottocento e Novecento si era costituita una numerosa colonia russa, in parte formata da residenti, in parte da persone che venivano a trascorrere periodi cura nelle favorevoli condizioni climatiche della Riviera, и naturale che anche dopo la Rivoluzione siano approdati alcuni russi, anche se meno numerosi che in altre localitа simili, situate sulla costa francese. L“esistenza di un certo numero di compatrioti, che avevano il loro punto d“incontro nella chiesa russa ortodossa edificata nel 1913[1], incoraggiava quelli tra gli esuli che non avevano troppi problemi di sussistenza (a Sanremo non erano molte le possibilitа di trovare lavoro, se non nell“ambito del turismo) a stabilirsi nella cittadina della Riviera dei Fiori. E“ cosм che una terza fase di immigrazione russa si aggiunge alle precedenti: alla prima, rappresentata dall“aristocrazia e dal ceto benestante, che si era avuta prima della guerra mondiale; alla seconda, di breve durata, concentratasi negli anni dal 1908 al 1914, che aveva visto passare di qui alcuni esuli politici, perseguitati dalla polizia zarista, come Plechanov e Savinkov.

     In questa terza fase si trovano persone di vari ceti sociali, alcune fuggite dalla Russia sovietica per propria scelta, altre condotte qui dal caso. Cercheremo qui di ricostruire le loro storie.

     Alla classe intellettuale benestantedel periodo prerivoluzionario apparteneva la coppia Botkin-Tret“jakova, che si stabilм a San Remo nel 1923, dopo aver lasciato definitivamente la Russia nel 1921. Aleksandr Sergeevi( Botkin, nato a Pietroburgo nel 1866, figlio del medico di corte dello zar Alessandro III e fratello di Evgenij, medico personale di Nicola II (fucilato a Ekaterinburg nel 1918 insieme alla famiglia imperiale), si laureт in medicina nella capitale, divenne membro dell“Accademia di medicina e ”addetto scientifico‘ dello zar[2]. Entrato in Marina e nominato capitano di fregata, compм numerose esplorazioni, anche in Siberia, nella regione del lago Bajkal. Ma i suoi interessi erano svariati e spaziavano in diversi campi. In Finlandia, dove era proprietario di una tenuta a Terijoki, aveva installato un laboratorio dove progettava costruzioni terrestri e marine, tra cui un sommergibile, che durante la Grande Guerra servм per la posa di mine nel Mar Baltico, e imbarcazioni per le sue ricerche scientifiche nel lago Bajkal. Contribuм anche a fortificare i confini nord-occidentali dell“Impero nella zona di Vyborg. Proprio in Finlandia fu nominato nel 1910 ”arbitro militare‘ (voennyj posrednik) per facilitare i rapporti tra esercito e popolazione, dato che il paese era un granducato russo, ma con leggi e amministrazione autonome. In seguito, nel 1916, dopo un colloquio con lo zar, ottenne che venisse revocato l“ordine di mobilitazione alle armi giа impartito e invece incrementato l“aiuto all“industria di guerra; cosa di cui la popolazione finlandese gli fu assai grata. Dopo la Rivoluzione d“Ottobre, fu nuovamente nominato ”arbitro militare‘ in Crimea durante la guerra civile. In un viaggio a Roma e a Parigi chiese invano agli Alleati di sostenere militarmente l“Armata Bianca. Ottenne perт che venisero trasportati nei ”centri bianchi ” sulla Volga i congegni bellici di sua invenzione, costruiti nel suo cantiere in Finlandia. Nel marzo del 1920 lasciт la Crimea con la famiglia e, sbarcato in Italia, la sistemт a Frascati, continuando a svolgere funzioni di ”corriere dell“Armata Bianca‘ presso gli Alleati. Tornato sui luoghi della guerra, a Natale del 1920 raggiunse Costantinopoli con soldati e profughi russi, mentre gli Alleati si ritiravano da Odessa e da Batumi. Nel 1921 raggiunse la famiglia e, dopo aver viaggiato per la Francia e la Svizzera, nel 1923 decise di stabilirsi a San Remo, in una villetta in Via Primavera. Qui, ormai lontano dai problemi militari, si dedicт nuovamente agli studi medici, in particolare alla lotta contro il cancro. Nel 1927 era a Parigi, all“Istituto Pasteur e nel 1928, a Montreux, partecipт a un congresso di endocrinologia. A San Remo completт la stesura di un“opera intitolata La vie de l“Univers et de l“Homme, che venne pubblicata a Nizza nel 1928. Nel marzo 1929 tenne all“Hotel des Anglais, a San Remo, una conferenza su La Sibйrie, ses richesses et ses mystиres. Partecipт anche ai lavori dell“Associazione per i diritti d“indipendenza dei popoli, non riconosciuti nei trattati di pace. Dopo la proclamazione d“indipendenza della Finlandia, nel 1919, vi si recт, su incarico del generale Denikin, per riconoscere la nuova repubblica. Nel 1931 ottenne la restituzione della tenuta di Terijoki, dove trascorse un po“ di tempo con la moglie e la figlia Mariana. Morм a San Remo nel 1936 ed и sepolto con la moglie e la figlia nel cimitero della Foce.

Marija Pavlovna Tret“jakova Botkina, nata a Mosca nel 1875, era figlia del fondatore della Tret“jakovskaja Galereja ed era cresciuta in un clima di familiaritа con il mondo artistico, che nei primi anni del Novecento era attraversato da una ventata di rinnovamento. Dopo il matrimonio con il dottor Botkin spesso lo aveva seguito nei suoi viaggi e nelle sue spedizioni, dimostrandosi coraggiosa e intraprendente. A San Remo la sua ospitalitа era divenuta ben nota e aveva contribuito a mantenere vive le tradizioni russe. Purtroppo i suoi ultimi anni furono rattristati dalla morte del marito e poi, nel 1947, della giovanissima figlia. Rimasta sola con la njanja Varvara Paramonova, concluse la sua vita nel 1952.

Nello stesso anno 1936 in cui moriva il dottor Botkin, a San Remo moriva anche un altro esule russo, Leoncij Andreevi( Von Maier. Di lontana origine tedesca per parte di padre, la sua famiglia risiedeva dalla fine del Settecento in parte in Russia, in parte in Estonia. Leoncij Von Maier, nato nel 1878 a Reval, aveva frequentato la Scuola dei Cadetti a Pietroburgo e poi era passato a quella degli Ingegneri Militari. In servizio nell“esercito presso il corpo di Stato Maggiore, partecipт alle ultime fasi della guerra russo-giapponese in Estremo Oriente. Poi, nell“estate 1914, mentre era in attesa di venire destinato al fronte, fu nominato addetto militare, con il grado di colonnello, presso l“Ambasciata russa in Belgio e nei Paesi Bassi. Pensava ad un incarico di breve durata, ma esso si prolungт e gli avvenimenti del 1917 lo colsero a Bruxelles, da dove egli non rientrт piщ in patria. Fino al 1919 rimase in quei luoghi, poi si spostт a Parigi e a Roma, da dove giunse a Nizza e di lм a San Remo. Dapprima fu ospite dei Botkin, poi andт ad abitare un uno chalet nella parte orientale della cittа e infine, nel 1925, aprм una pensione in quella ”Villa Natalia‘, giа proprietа di Elena Sadovskaja, dove aveva trascorso due inverni, negli anni 1901-1902 e 1902-1903. la poetessa Lesja Ukrainka. Nella pensione, ribattezzata ”Villa Adriana‘, Von Maier trascorse il resto della vita. Aveva sposato Anna Oja, di origine estone, ed aveva avuto due figli, entrambi nati a San Remo, Alessandro e Anna. Era una persona coltissima, conosceva sei lingue e aveva uno spiccato talento artistico. Furono ospiti della sua pensione personaggi illustri, come lo scrittore e regista Nemirovi(-Dan(enko, la coreografa e danzatrice Ija Russkaja, l“attrice di prosa Tat“jana Pavlova. Dopo la sua morte e quella della moglie, avvenuta nel 1944, della pensione continuт ad occuparsi il figlio fino al 1987, quandola villa fu venduta e divenne un“abitazione privata.

Un legame singolare collega le vicende di due famiglie, i Tret“jakovy e gli Svedomskie, che dopo aver avuto un incontro in Russia, all“inizio del Novecento, si ritrovarono nella generazione successiva a San Remo.

Michele Manuel Gismondi, recentissimamente scomparso, era infatti l“ultimo discendente, per parte di madre, di una famiglia di pittori la cui attivitа, svoltasi tra Russia e Italia, и testimoniata da numerose opere che ora si trovano in una casa di San Remo.

La storia degli Svedomskie si puт ricostruire partendo dalla fine del Settecento. In quegli anni il prete della cattedrale dei santi Pietro e Paolo di Perm“ Gavriil Sapo(nikov scrisse la prima cronaca della cittа, in cui venivano registrati non solo gli avvenimenti riguardanti la cattedrale, ma anche altre notizie interessanti, tanto che, a partire dal 1863, la cronaca fu piщ volte pubblicata (nel 1863, nel 1880, nel 1915). Gavriil Sapo(nikov aveva alcuni figli, ai quali egli cambiт il cognome, un po“ troppo popolaresco, in Svedomskij. Uno di questi, Michail Gavriilovi( Svedomski, vissuto dal 1785 al 1847, fu il creatore di una grande impresa industriale, che diede alla famiglia una ricchezza e una posizione sociale ragguardevole. Oltre all“attivitа imprenditoriale, ebbe molti interessi culturali e sociali e ricoprм diverse cariche, divenendo un personaggio importante nel governatorato di Perm“, tanto da meritare diversi riconoscimenti ufficiali, come il titolo di cavaliere e due onorificenze: l“ordine di San Vladimir di quarto grado e l“ordine di Sant“Anna di secondo grado. Non si sposт mai e non ebbe figli Dopo la sua morte il patrimonio passт al nipote Aleksandr Svedomskij, figlio del fratello Pavel Gavriilovi(, che aveva sposato una Djagileva. Dalla famiglia dei Djagilev, stretta a quella degli Svedomskie da legami di parentela e di solidarietа, nascerа nel 1872 Sergej Djagilev, il famosissimo creatore dei ”Ballets russes‘, che nei primi anni del Novecento ebbero un enorme successo in tutta Europa. Aleksandr Pavlovi( Svedomskij ebbe due figli, Aleksandr (nato nel 1848) e Pavel (nato nel 1849), che studiarono pittura a Dьsseldorf e a Monaco e si conquistarono una discreta fama in Russia e in Italia. Aleksandr sposт nel 1896, a 48 anni, la ventiquattrenne Anna Nikolaevna Kutukova, cantante e pianista di origine tatara. Da questo matrimonio nacque nel 1898 la figlia Anna. Pavel Svedomskij morм nel 1904 e Aleksandr nel 1911, entrambi a Roma, dove sono sepolti nel cimitero del Testaccio.

Il luogo in cui la famiglia Svedomskij visse e costruм la sua fortuna si trovava nel governatorato di Perm“. Le loro terre si trovavano nella provincia di Osa, non lontano dalla cittа di Sarapul, ed erano bagnate da due fiumi, la piccola e la grande Kambarka. La tenuta consisteva di 12700 desjatiny, all“incirca 14.000 ettari; fu acquistata nel 1825 da Michail Gavriilovi( Svedomskij, il quale vi costruм due distillerie ed iniziт un“attivitа che divenne ben presto oltremodo fiorente. Gli impianti, installati in edifici di legno, erano azionati da macchine a vapore, una novitа per quella provincia. La materia prima era costituita da cereali che venivano acquistati nella zona: segala, orzo, avena. Accanto alla distilleria di Michajlovskij c“erano anche altre attivitа: la produzione di malto, una fornace che produceva 300.000 mattoni all“anno e un mulino che macinava 50.000 pudy di grano all“anno (1 pud=16,38 kg). Per le necessitа della distilleria vi era anche un allevamento di cavalli e inoltre la cenere che restava dalla distilleria come residuo veniva utilizzata per la produzione di potassa (da 400 a 2000 pudy all“anno). Gli operai erano 140-150, e venivano assunti nei governatorati di Vjatka (oggi Kirov) e di Orenburg, confinanti con quello di Perm“. Le loro abitazioni si trovavano nelle vicinanze della distilleria. Per i bisogni dei suoi operai Michail Svedomskij costruм presso le sue fabbriche un ospedale di 12 posti letto.

     La produzione delle due distillerie, Michajlovskij e Nikolaevskij, ammontava a 150.000 secchi di acquavite di grano all“anno; essa veniva venduta in tutta la Russia, ma и notevole il fatto che fu tentata, intorno al 1831, anche l“esportazione del gin in America, pur se in quantitа modesta, attraverso un grossista.

Nel 1838 a Michajlovskij Zavod fu iniziata la costruzione di una chiesa ortodossa in pietra, a spese di Michail Svedomskij. Questo fu un atto quanto mai opportuno per consolidare la sua posizione sociale, dato che qualche anno prima, nella cancelleria del governatore di Perm“, circolava un dossier riguardante la presenza e le azioni illegali di raskol“niki nelle terre di Svedomskij (le azioni illegali consistevano nel pregare sulle tombe dei raskol“niki defunti). Dalla cittа di Sarapul  l“insegnamento dei raskol“niki si era diffuso, attraverso i libri e la predicazione, nella provincia di Osa e penetrт anche nella distilleria Michajlovskij, nei dintorni della quale sorsero monasteri e centri di preghiera. Si calcola che all“epoca circa il 10% degli ortodossi fosse costituita da vecchi credenti. Il governo impiegava ogni mezzo per dare man forte alla Chiesa ufficiale ed estirpare l“eresia. Con la costruzione e la consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1842 con la dedica al santo martire Michail di (ernigov, e con il mantenimento di un clero che soddisfaceva le necessitа di ben 16 villaggi, l“imprenditore si metteva al riparo da possibili spiacevoli conseguenze dovute alla presenza di credenti fuori legge.

Nel 1861 fu emanato il decreto che metteva fine alla servitu' della gleba. A quell“epoca la proprietа era stata appena ereditata da Ekaterina Osipovna Svedomskaja, moglie di Aleksandr Pavlovi(. Nelle sue terre vivevano 45 servi, ai quali, secondo il testo del decreto, doveva essere assegnata dal proprietario una porzione di terra la cui misura poteva variare da un minimo di circa 1,8 ad un massimo di 5,4 ettari. La Svedomskaja, assistita dal suo parente Pavel Djagilev, che era giа stato tutore del suo defunto marito, attribuм alle ”anime‘ dei suoi ex servi maschi il massimo previsto dalla legge.

     Intanto i tempi stavano cambiando: nella tranquilla vita di provincia di una famiglia benestante emergevano nuove aspirazioni. I figli di Aleksandr Pavlovi(, Aleksandr e Pavel, nati a Pietroburgo nel 1848 e 1849, andarono all“estero a studiare pittura e dal 1875, dopo un primo viaggio in Italia dovuto alle condizioni di salute di Pavel, predisposto alla tubercolosi, aprirono uno studio a Roma, in Via Margutta. Da questo momento, per circa 30 anni, la loro vita e la loro attivitа si svolsero in Italia durante l“inverno, nella proprietа di famiglia nei mesi estivi, mentre Pietroburgo rimaneva la cittа dove le loro creazioni artistiche venivano presentate al pubblico. Le distillerie erano affidate a un amministratore e le terre erano state in parte vendute.

     Il genere di pittura a cui gli Svedomskie si dedicavano era molto legato alla tradizione. In Russia la lezione degli impressionisti si era fatta sentire nella tecnica pittorica, ma per quanto riguarda i temi si trovano negli artisti russi dell“ultimo quarto dell“Ottocento alcune peculiaritа: l“attenzione per i problemi sociali e l“interesse per la storia nazionale e per il folclore. Poi, con l“inizio del Novecento, nasce una nuova sensibilitа e la ricerca di nuove forme espressive, alle quali i due fratelli sono estranei. I loro quadri sono di soggetto mitologico o storico, oppure sono paesaggi italiani, o russi. Non и presente in essi un carattere distintamente nazionale, come fu rilevato da alcuni critici che si battevano contro l“accademismo; ma la loro buona qualitа pittorica trovт consensi nelle mostre pietroburghesi a cui i due fratelli parteciparono negli anni dal 1876 alla loro morte. Dei due il piщ attivo e il piщ apprezzato fu Pavel, di cui il critico Bulgakov riconobbe il temperamento poetico e la sinceritа di ispirazione. Una pagina a sй nell“attivitа artistica degli Svedomskie и rappresentata dalla loro partecipazione con altri artisti, tra cui Vasnecov, Vrubel“ e Nesterov, alla decorazione dell“interno della cattedrale di San Vladimir a Kiev (1887). Dalle lettere e dalle memorie pubblicate da Nesterov si ricavano alcuni giudizi contraddittori sulla qualitа della pittura dei due fratelli, che comunque si trovavano a competere con artisti di primissimo piano, con i quali era difficile reggere il confronto. L“unica mostra di opere degli artisti tenutasi a Perm“ ebbe luogo nel 1901. Ora nei musei della regione (nel Museo di Sarapul, ma soprattutto nel Museo della Storia e della Cultura della Regione della Kama) si conservano molti quadri degli Svedomskie, ai quali viene dedicata una viva e crescente attenzione da parte degli storici dell“arte e dei cultori di storia locale.

     E“ interessante il fatto che alcuni quadri degli Svedomskie furono acquistati dal notissimo mecenate e fondatore della famosa galleria di quadri di Mosca Tret“jakov (”Medusa‘ e ”Cortile di contadini‘ di Pavel e ”Strada di Pompei‘ e ”Sulle rive del Tevere‘ di Aleksandr); altri quadri andarono al Museo Russo di San Pietroburgo.

     Dopo la morte di Aleksandr Svedomskij la proprietа del ”nido di nobili‘ passт alla sua vedova, Anna Nikolaevna, che ne affidт l“amministrazione a suo fratello, Grigorij Nikolaevi( Kutukov. Ma si era ormai alla vigilia di grandi cambiamenti. Due anni dopo l“inizio della Guerra Mondiale la vendita dei prodotti alcoolici in Russia fu drasticamente ridotta e l“attivitа della distilleria a poco a poco cessт. La fabbrica divenne un“industria chimica per la lavorazione del legno. Il 20 gennaio 1918 fu formato il distretto di Zavod Michajlovskij e un soviet fondato su larga base democratica dichiarт che ”La proprietа degli eredi Svedomskie con tutti gli annessi, nonchй degli altri privati, le terre della Corona e dei monasteri, i boschi, le acque, le segherie, la fabbrica, i mulini e le altre imprese sono requisiti a favore del popolo‘. Inizia cosм il periodo sovietico.

     Nel 1930 un incendio distrusse in parte lo stabilimento chimico di Michajlovskij e l“amministrazione decise di demolire la chiesa per utilizzare i mattoni nella ricostruzione della fabbrica, cosa che avvenne a rilento e comunque non servм a rilanciare la produzione.

      Ora non esiste piщ quasi nulla di ciт che era stato creato da Michail Svedomskij, ad eccezione della casa padronale, dove la famiglia aveva trascorso i mesi estivi per quasi un secolo. Ora essa, dopo i cambiamenti avvenuti in Russia, и stata comprata da una famiglia di imprenditori, gli Sboev, che ne hanno iniziato il restauro per farne una ”casa-museo‘che conservi le memorie degli artisti in un ambiente dotato del fascino e dell“atmosfera del ”nido di nobili‘.

Parallelamente si moltiplicano le iniziative tendenti a valorizzare e a far conoscere l“opera dei fratelli Svedomskie: convegni, mostre, pubblicazioni.

     L“unica discendente della famiglia era Anna Svedomskaja, figlia di Aleksandr, nata a Pietroburgo nel 1898 (Pavel non si era mai sposato). Anch“essa condivise la vita dei genitori, tra Russia e Italia, e divenne pittrice e intenditrice d“arte. Dopo la morte del padre ritornт in Russia con la madre e la bambinaia Praskov“ja. Lo scoppio della guerra mondiale sorprese le donne a Mosca; allora esse si rifugiarono nella loro tenuta in campagna,dove vissero fino alla rivoluzione del 1917. Rifugiatesi in Crimea, riuscirono ad imbarcarsi su una nave inglese, al seguito dell“imperatrice madre, Maria Fedorovna, nata principessa danese, e nel 1919 ritornarono in Italia. Vissero dapprima a Roma, nella loro casa, ma le crescenti difficoltа finanziarie le costrinsero ad aprire una pensione a Porta d“Anzio. Poi madre e figlia si trasferirono a San Remo, dove per un certo periodo gestirono una pensione a Villa Zirio. La madre morм nel 1925 ed и sepolta al cimitero della Foce, mentre Anna Aleksandrovna, che nel frattempo aveva conosciuto l“avvocato Paolo Manuel Gismondi, di nota famiglia sanremese, lo sposт nel 1927 e da lui ebbe un unico figlio, Michele, nel 1928. La famiglia fu in stretto contatto con tutti i russi della ”colonia‘ sanremese, in particolare con i Botkin, gli Olsuf“ev, gli Apraksin. Anna Aleksandrovna fu attiva come pittrice nel periodo 1928-1932, poi si dedicт al restauro. Di lei restano parecchie tele di notevole interesse artistico, conservate dal figlio. Morм qualche anno dopo la scomparsa del marito, nel 1973, ed и sepolta nel cimitero della Foce, nella tomba di famiglia dei Gismondi. Qui l“ha raggiunta nell“aprile 2001 anche il figlio Michele, che tutti chiamavano Misha.

Anche nel periodo successivo alla Rivoluzione la chiesa ortodossa di San Remo mantenne la sua importanza come punto di riferimento e luogo d“incontro dei russi che vivevano in cittа. La comunitа entrт a far parte della metropolia russa dell“Europa Occidentale, sotto la direzione del vescovo di Parigi, da cui ancor oggi dipende. Le liturgie venivano celebrate da sacerdoti emigrati, residenti a Mentone, a Firenze, a Roma. Nel 1952, dopo la morte della starosta Marija Pavlovna Tret“jakova-Botkina, prese il suo posto alla guida della comunitа Marija Aleksandrovna Efremova, nata a Mosca nel 1881, emigrata a Parigi dopo la Rivoluzione e in seguito sposata al colonnello inglese Stansfield, con il quale si stabilм a San Remo verso il 1928. Qui i coniugi acquistarono una grande villa con un parco progettato dall“architetto di giardini Winter, uno dei creatori del particolare tipo di flora che caratterizza le aree verdi delle cittа della nostra Riviera. La villa era stata costruita negli anni 1905-1909, su progetto dell“architetto Agosti, per la contessa Silvia di Mexborough, il cui marito era stato a lungo in India e aveva voluto per l“edificio il nome ”Devachan‘ (porta del paradiso). In stile moresco, essa era sontuosamente ammobiliata e decorata e aveva ospitato nel 1920 la Conferenza degli Stretti, convocata tra le Potenze europee per risolvere il problema del Dardanelli e il destino degli Armeni, prima del trattato di pace con la Turchia.

Con la Efremova il ”Castello Devachan‘ divenne un ”russkij ugolok‘, in cui la padrona di casa accoglieva i suoi conterranei e conservava le memorie del passato.

Marija Efremova Stansfield svolse questo ruolo fino al 1974, anno della sua morte.

     Ad una famiglia della nobiltа appartiene anche Giovanni (Jean) Vladimirovi( Zagrebel“skij, nato nel 1909 a San Pietroburgo dal colonnello di artiglieria Vladimir Petrovi( e da Marija Ivanovna Satina, discendente di un“antica famiglia di boiari. Nel giugno 1914 il piccolo Jean si mise in viaggio con la madre, la sorellina e la governante per andare a Nizza a visitare la nonna materna. Allo scoppio della Guerra Mondiale la famiglia decise di non tornare in Russia e, nell“attesa che il conflitto finisse, si stabilм a San Remo, dove rimase definitivamente dopo la Rivoluzione. Giovanni studiт e si diplomт all“Istituto Tecnico Commerciale; intanto coltivava interessi letterari e dava lezioni di francese. Anche in seguito pubblicт articoli sulla letteratura e l“arte russa in quotidiani e riviste. Divenuto cittadino italiano, sposт una piemontese e nel 1934, assunto dalla FIAT, andт a vivere a Torino e fece una brillante carriera. A San Remo lo raggiunsero nel 1922 il padre e la madre, che morirono rispettivamente nel 1939 e nel 1953 e sono sepolti il primo nella Cappella Russa del Cimitero Foce e la seconda nel Cimitero Armea.

Alcuni anni passarono prima che altri esuli russi venissero ad aggiungersi alla piccola colonia esistente a San Remo. Alla fine degli anni trenta arrivarono qui, come da un altro pianeta, le sorelle Varvara e Lidia Ravaso, nate a Mosca da padre italiano e da madre russa, vissute fino allora in Russia ed espulse, come tutti gli stranieri, da un decreto di Stalin del 1937. La loro storia comincia nel 1888, con il matrimonio di Ludovico Ravaso (o Ravaxio), sanremese, con la moscovita Elizaveta Denisova, figlia di un commerciante conosciuto durante un viaggio d“affari. Dall“unione erano nati due figli maschi, Georgij e Vladimir, dopo i quali, nel 1897 e nel 1898, nacquero Varvara e Lidija. Morto il padre nel 1899, le due sorelle furono allevate dalla madre in un ambiente esclusivamente russo. Frequentarono il ginnasio e terminarono gli studi nel 1916, ma presto dovettero affrontare gli anni durissimi della rivoluzione. Nel 1919 la mamma e la nonna morirono e nel 1922 Varja e Lida, incalzate dalle necessitа economiche, si trasferirono dapprima a Pietrogrado, poi a Kimry, sulla Volga, dove viveva il fratello Vladimir e dove trovarono lavoro come contabili. A Mosca rientrarono soltanto nel 1930. Varvara si impiegт nella fabbrica di pezzi di ricambio per auto A.M.O., fondata dalla FIAT nel 1914, mentre Lidija lavorava alla cooperativa degli artisti, sul Kuzneckij Most. Per guadagnare meglio, nel 1934 Lidija decise di partire per la Jakutia, dove avrebbe lavorato come contabile in un centro minerario aurifero, Priisk Nezametnyj, su un affluente della Lena. Vi arrivт dopo un viaggio durato quasi un mese e vi rimase per due anni. Nel 1937, appena ritornata in Jakutia da una vacanza trascorsa presso la sorella a Leningrad, ricevette un telegramma di Varvara che le comunicava la sua partenza obbligata per l“Italia, in obbedienza al decreto di Stalin. Anche Lidija partм e raggiunse la sorella a Milano, da dove le due sorelle raggiunsero la cittа d“origine del loro padre. Catapultate in un mondo sconosciuto, senza sapere una parola di italiano, si rivolsero alla comunitа russa che faceva capo alla Chiesa e ottennero aiuto. Ambedue trovarono lavoro nell“amministrazione cittadina e negli anni successivi vissero modestamente, ma con tranquillitа, conservando le memorie e le abitudini del passato e prendendo parte attivissima alla vita della comunitа ortodossa. Morirono come erano vissute, a poca distanza l“una dall“altra (fine 1986, luglio 1987) e sono sepolte insieme sotto una lastra tombale con la croce ortodossa.

     Vicino alle sorelle Ravaso per etа e per condizione sociale (come loro veniva da una famiglia modesta, suo padre era un me((anin)) era Ivan Ivanovi( Kochanovskij, nato nel 1896 a Ekaterinoslav (l“attuale Dnepropetrovsk), in Ucraina. Terminata la scuola nel 1908, in seguito si impiegт come contabile nel Dnepropetrovskij Gvozdil“nyj Zavod. Avendo perduto l“occhio destro, fu dichiarato inidoneo al servizio militare e negli anni della guerra e della rivoluzione continuт a lavorare nella fabbrica, dalla quale fu inviato in missione a Novorosiisk nel 1919. Di qui, ottenuto il passaporto per l“estero, si imbarcт, finendo poi a Cipro, dove rimase per circa due anni in un campo di rifugiati russi. Partito da Cipro, passando per l“Egitto e per la Spagna, nel 1922 approdт infine in Sicilia, dove cominciт a lavorare come venditore ambulante e in seguito divenne rappresentante di commercio. Negli anni successivi si stabilм a Milano e finalmente ebbe modo di esprimere il suo ingegno brevettando un sistema di imballaggi e aprendo una piccola fabbrica per la loro produzione. La sua condizione economica e sociale gli permetteva di aiutare altri russi emigrati, tra i quali conobbe Dora Sidorenko, che lavorava come governante presso una famiglia russa. I due si sposarono verso la fine degli anni trenta, mantenendo sempre la condizione di apolidi. Non ebbero figli.

     All“inizio degli anni sessanta, ceduta l“attivitа, Kochanovskij e sua moglie si trasferirono a San Remo, dove si crearono una piccola cerchia di conoscenze, ma non entrarono a far parte della comunitа ortodossa. La morte della moglie, avvenuta nel 1967, non abbattй Ivan Ivanovi(, che conservт fino all“ultimo la sua viva intelligenza, il suo spirito e il suo buonumore. Amava sconfinatamente la sua patria lontana, con la quale conservava stretti legami, che si traducevano in consistenti aiuti alla sua famiglia di origine. Ricordava a memoria i versi di Pu(kin, studiati a scuola, insieme a quelli di Dante, appresi in Italia. Amava il teatro e la musica.

Mori' nel 1988, a 92 anni, ed и sepolto, come la moglie, al Cimitero Armea.

Tra le persone che Kochanovskij frequentava vi era una signora russa che non poteva passare inosservata: alta, bella, di corporatura robusta, dai chiarissimi occhi obliqui. Benchй vivesse da molti anni in Italia, il suo accento russo rimaneva fortissimo. Si chiamava Ljubov“ Fedorovna Batueva ed era nata nel 1907 a Vladivostok, figlia postuma di un ufficiale russo in servizio in Estremo Oriente. Venne allevata dalla madre, la moscovita Anna (vecov, e ricevette un“ottima educazione dapprima a Vladivostok, poi in Giappone, dove fu inviata dalla madre dopo lo scoppio della rivoluzione del 1917, quando la provincia del Primor“e divenne teatro di lotte sanguinose. Nel 1922, prevalso il petere sovietico, la madre ottenne il permesso di passare in Cina con la figlia per motivi di salute e si stabilм a Charbin, dove erano numerosi i russi emigrati. Di qui nel 1925 le due donne passarono a Shanghai, dove rimasero per 10 anni. Nel 1932, in una localitа di villeggiatura nei dintorni della cittа, Ljubov“ conobbe un capitano della Marina Italiana, il napoletano Gustavo Cimmino, che si trovava in Cina con la nave ”Caboto‘. I due si fidanzarono, ma soltanto nel 1935, superate varie difficoltа burocratiche, la giovane russa potй imbarcarsi per l“Italia e sposarsi. Dopo un primo soggiorno a Taranto, la coppia si stabilм a San Remo, ma il capitano era quasi sempre assente per i suoi impegni di servizio e Ljubov“ accudiva l“anziana madre, che l“aveva raggiunta dalla Cina e mori', quasi centenaria, nel 1979. Dopo la seconda guerra mondiale il capitano Cimmino ebbe un incarico presso la NATO a Parigi, dove visse con la moglie per nove anni. Poi andт in pensione e mori' nel 1974. Ljubov“ Fedorovna morм nel 1996, quasi novantenne.

Ormai di queste persone, che hanno costituito una parte notevole del panorama cosmopolita e culturalmente vario della San Remo del Novecento, rimane soltanto qualche ricordo in coloro che le hanno conosciute e nell'archivio della chiesa russa, che continua ad essere il luogo dove si conservano le memorie di un passato importante. Essa costituisce il legame tra passato e presente, è la testimonianza vivente e operante dell'esistenza a San Remo di una comunità che, pur mutata nella sua composizione, fa sentire ancor oggi la sua presenza. Oggi i russi e tutti gli ortodossi, che in discreto numero vivono in Riviera, la considerano come un luogo centrale per la loro vita culturale e spirituale; e non c'è russo, capitato a San Remo per un motivo o per l'altro, che trascuri di visitare la chiesa ortodossa, dove il senso della religiosità e le memorie del passato gli fanno ritrovare un pezzetto di patria.

 

Bibliografia

P. Cazzola I Russi a San Remo tra Ottocento e Novecento, San Remo, 1990

AA. VV. Immagini di San Remo nel mondo, San Remo, 1998

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T. Kezich Addio Assia Noris, diva del mistero del cinema dei "telefoni bianchi" in "La Stampa", 28.01.1998

 

 

[1] Vedi M. Talalaj La chiesa ortodosso-russa di San Remo, guida storico-artistica, San Remo, 1994

[2] A. Battistelli Zaoli Aleksandr Sergeevic Botkin, San Remo, 1996 cм о Боткиных также Б.Ф. Егоров. Семейство Боткиных. В печати