Amalfi, Inno Akafisto a S. Andrea e Andrej Murav’ëv

Un pellegrino insolito:

lo scrittore ortodosso Andrej Murav’ëv alla festa di S. Andrea nel 1845

Pubblicato in Rassegna del Centro di cultura e storia Amalfitana, № 27-28, 2004, pp. 87-114. 

Andrej Nikolaevič Murav’ëv (1806-1874) iniziò la sua carriera letteraria come poeta romantico, vicino al circolo di Michail Lermontov; tuttavia ben presto sentì la vocazione per gli scritti storico-ecclesiastici. Uno dei suoi primi libri Viaggio nei luoghi sacri russi (1836), inaugurò di nuovo il genere di pellegrinaggio nella letteratura russa contemporanea. Questo testo fu tenuto in grande considerazione da Puškin: nel complesso i libri di Murav’ëv divennero i primi scritti in russo di contenuto religioso a ricevere diffusione nell’alta società.

Murav’ëv servì dapprima nell’esercito, poi divenne funzionario del Ministero degli Affari Esteri e presso il Santo Sinodo (l’organo superiore della Chiesa russa ortodossa) e, dopo il successo letterario, dal 1842, si occupò esclusivamente di ricerche storico-ecclesiastiche e di letteratura di pellegrinaggio.

Il suo merito fu di aver ricevuto il permesso – fino ad allora mai concesso a nessun personaggio privato in Russia – di pubblicare le Vite dei Santi: in questo modo egli diede un forte impulso alla letteratura agiografica. Come letterato illuminato Murav’ëv ebbe grande influenza sul clero ortodosso. A parte ciò, fu amico del metropolita moscovita Filarete, una delle figure emblematiche dell’Ottocento russo, in seguito canonizzato.

Con l’appoggio di Murav’ëv, instancabile pellegrino nell’Oriente cristiano, fu fondato il monastero russo di S. Andrea sul Monte Athos[1] e fu iniziata la costruzione dell’ospizio di S. Nicola a Mira in Asia Minore (strappato lì dai turchi e ripristinato a Bari[2]).

Nel 1845 Murav’ëv si recò in pellegrinaggio in Italia. Risultato del viaggio furono le sue Lettere romane[3]. Impressione particolare produssero su di lui l’escursione ad Amalfi[4] e la visita alle reliquie del suo Santo protettore, della cui esistenza in Costiera egli non sapeva nulla in precedenza. Si deve rilevare che le pagine dedicate ad Amalfi sono caratterizzate da grande gioia ed entusiasmo: lo scrittore ortodosso, che precedentemente si era inchinato alle reliquie a Roma, fu confuso dalla smisurata sontuosità della città papale e dal lusso della basilica di San Pietro, dove gli “era stato difficile pregare”. Ad Amalfi invece egli accoglie tutto – persino la messa cattolica insolita per lui, durante la quale prega insieme agli amalfitani, meravigliandosi del fatto che nessuno in Russia fosse a conoscenza dell’esistenza di reliquie così importanti e invita una generazione di nuovi pellegrini a recarsi a visitare il Duomo di S. Andrea. Lo scrittore interpretò come segno particolare il fatto di essere presente ad Amalfi nel giorno della festa del trasferimento delle ossa dell’Apostolo. Ribadì che la sua “anima era piena dell’atmosfera sacra del luogo”, e si prodigò per comunicare il suo pio sentimento ai lettori russi.

Negli anni successivi lo scrittore visse a Kiev dove compose un Akafisto al Santo Apostolo Andrea il Primo Chiamato. Egli è sepolto nella cripta della chiesa di S. Andrea, eretta dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli sulle colline del Dnepr, laddove la tradizione vuole che il Primo Chiamato avesse profetizzato un grande futuro al nuovo paese cristiano.

Proponiamo ai lettori uno stralcio del libro di Andrej Nikolaevič Murav’ëv Lettere romane (Rimskie pis’ma, Sankt-Peterburg,1846, parte II. pp. 229-236).

<…> A tarda sera ritornammo a Salerno e il giorno dopo, di buon mattino, ci avviammo verso Amalfi sulla barca a sei remi. Il mare, ancora tempestoso alla vigilia, si stendeva dinanzi a noi come uno specchio azzurro talvolta leggermente increspato lungo le rive da un’inquieta onda. Salerno si risvegliava tra i raggi del sole luminoso, tutta la lontana riva di Paestum scompariva dietro le nubi mattutine; ma sulla costa rocciosa adiacente al mare, lungo la quale si muoveva rapidamente una barca alata, comparivano in modo pittoresco, uno dietro l’altro, paesi rigogliosi, inerpicati sui monti, di tanto in tanto sormontati da un alto campanile. Un profondo burrone separava la bella cittadina di Vietri, che avevamo attraversato il giorno prima, dal monastero di Cava. Più avanti si nascondeva in una gola, proprio sulla riva del mare, il villaggio di pescatori di Cetara, con la sua modesta chiesa. Si inoltrava nelle acque un promontorio roccioso, incoronato da torri gotiche, dietro il quale c’era il mare e, come una seconda Scilla, si era formata per la risacca delle onde una grotta profonda, che risplendeva delle sue stalattiti. Ed ecco l’affascinante golfo, animato da tre ricchi paesi: Minori, Maiori e Atrani, patria di Masaniello. Tutti e tre i villaggi erano considerati sobborghi di Amalfi ai tempi della sua gloriosa Repubblica. Uno dei nostri marinai ci indicò, con orgoglio patriottico, la casa del famoso pescatore e, per breve tempo, sovrano di Napoli, Masaniello, che si trovava sopra una grotta in cima alla montagna. La sua memoria è ancora viva nel cuore dei compatrioti, sebbene in modo tanto amaro egli avesse terminato la propria vita! Accanto ad Atrani, ma dietro la montagna, appariva, inaspettata, Amalfi, nella sua stretta valle, tanto attraente agli sguardi, con la massa di case verdi e bianche e torri selvagge, disposte lungo le rocce, e con la stessa immagine della cittadina che tuttavia conservava poche tracce della sua antica grandezza.

Mi mossi subito verso la cattedrale in cui, come avevo sentito a Roma, si veneravano i resti del mio Angelo[5], l’Apostolo Andrea il Primo Chiamato, trasportati lì da Zargrad[6]. Un ampio terrazzino d’ingresso, di cinquanta scalini, si ergeva maestosamente dalla stessa piazza in cui si trovava l’immagine dell’Apostolo sopra la fontana, verso l’alto atrio, semibizantino, semiarabo. Sette leggere arcate formavano questo atrio meraviglioso che si stende di più a sinistra del terrazzino d’ingresso, verso il ricercato campanile e il palazzo arcivescovile che sulla destra dove si accorciavano i suoi edifici cittadini. Le prime tre arcate e l’ultima sono rivolte verso le finestre, decorate da arabeschi trasparenti sulle colonnine intrecciate; le tre arcate medie danno sulle volte ogivali dell’atrio che poggiano su sette antiche colonne, su diversi marmi e decorazioni. Le porte principali della cattedrale erano chiuse. Di rame bizantino, con i rilievi del Signore e della sua purissima Madre e dei due Apostoli Pietro e Andrea, molte croci; il lavoro e la stessa iscrizione risalgono al decimo secolo e successivamente sono serviti come modello per molti altri; le piccole porte, su entrambi i lati, erano aperte e attraverso di esse entrai all’interno della cattedrale.

Dopo un atrio del genere mi aspettavo di vedere una basilica antica, tutta di colonne e mosaici, ma mi si presentò un’enorme chiesa, benché divisa in tre parti, a immagine di basiliche, anche se con colonne a quattro angoli al posto di colonne leggere. Sul trono medio che era appoggiato all’abside e decorato con sei colonne di marmo verde, era appeso un quadro dell’Apostolo crocifisso, accanto al quale c’era, su un piedistallo d’oro, una statua che lo raffigurava secondo la tradizione occidentale. Dallo stesso trono e fino al pulpito arcivescovile, nel cosiddetto coro, dove da noi c’è l’altare, sedeva tutto il clero, in paramenti di festa; i fedeli si affollavano nella cattedrale vivamente illuminata.

“Perché mai qui c’è un’assemblea tanto solenne?” chiesi alla mia guida. “Oggi si celebra la memoria del trasferimento delle reliquie del S. Apostolo Andrea, da Costantinopoli ad Amalfi”, mi fu risposto. Con stupore gioioso diedi uno sguardo al mio compagno. – “E così il mio desiderio si è avverato, dissi, anche qui siamo accolti da una festa religiosa, come era già accaduto a Salerno, che è tanto più cara al mio cuore quanto più vicino è il mio Angelo.” – “Dov’è dunque la sua tomba?” chiesi alla mia guida. – “Andiamo nel sotterraneo, rispose lui, lì si è recato or ora il prete per celebrare la messa.” – Mi sentii ancor più confortato per la visita fortunata del santuario. Scendemmo trenta gradini di marmo, nella chiesa sotterranea che si trova sotto l’altare principale. Lì il sacerdote leggeva già le preghiere di inizio sul trono tombale. Mi inginocchiai insieme alle altre persone accanto alla griglia. Tutti pregavano di cuore. Sebbene la funzione si svolgesse in silenzio e con riti a me del tutto estranei, mi faceva piacere vedere la consacrazione dei doni sulle reliquie del mio Angelo che aveva testimoniato con le sue pene la verità del sacrificio offerto; senza volere piansi e pregai, come tra me e me, poiché la mia anima era piena dell’atmosfera sacra del luogo. – “Ah, se potessi avere una di queste icone, pensai, come accade nella nostra patria ortodossa, con quale conforto porterei a casa la benedizione delle reliquie degli Apostoli!” – Mi decisi a chiedere almeno un po' di ovatta che nei giorni di festa viene fatta passare attraverso l’apertura della tomba di pietra direttamente sul reliquiario da cui fuoriesce la cosiddetta manna, secondo la tradizione della locale devozione. Quando il sacerdote, dopo aver pronunciato la formula finale: “ite missa est”, benedì i fedeli, io approfittai del suo allontanamento dal trono per avvicinarmi di più alla santa tomba. Alla luce della lampada inestinguibile era possibile vedere attraverso la grata, sotto l’altare, l’orifizio d’argento sulla lastra di pietra. Ma se il reliquiario stesso era chiuso, secondo l’usanza occidentale, dove i resti sacri rimangono sempre inutilizzati, non c’è allora il benché minimo dubbio dell’esistenza qui dei resti immortali dell’Apostolo. Dalle sacre scritture si sa che le sante reliquie erano state trasportate dapprima da Patrasso, dove l’Apostolo Primo Chiamato aveva terminato le sue imprese, a Zargrad dall’Imperatore Costantino nel 336 e sistemate lì nella cattedrale dei Santi Apostoli. Quando, nel 1204, i crociati conquistarono Zargrad e saccheggiarono gran parte delle reliquie orientali, un certo Pietro, della nobile famiglia dei Capuano, di origine amalfitana (suo nonno, Matteo, era in quel tempo l’arcivescovo di Amalfi), essendo ambasciatore papale presso l’accampamento dei crociati, chiese al Papa Innocenzo III il permesso di trasportare le ossa del Primo Chiamato nella propria patria. Ciò accadde l’otto maggio 1208, giorno di festa ad Amalfi, in cui il Signore oggi mi ha concesso di inginocchiarmi sulla tomba del mio Angelo. È strano tuttavia che noi russi, per i quali dovrebbe essere particolarmente sacra la memoria di questo grande Apostolo, che aveva piantato la prima croce sui monti di Kiev e profetizzato la futura gloria della nostra patria, proprio noi russi non sappiamo che le sue sacre reliquie si trovino ad Amalfi, sebbene molti pellegrini si rechino di più a Bari per adorare San Nicola.

Il lussuoso baldacchino sul trono si appoggia su quattro colonne di marmo verde e sotto di esso c’è una splendida rappresentazione dell’Apostolo, dono del re spagnolo Filippo IV, il quale, seguendo l’esempio di due suoi omonimi predecessori, curò molto la decorazione del santuario sotterraneo. Difatti tutte le sue pareti e i quattro pilastri sui quali giacciono le volte sono riccamente decorati di marmi variopinti. Ancora qualche piccolo trono appoggiato alle pareti e, alle spalle del principale, dove c’è l’icona antica dell’Apostolo, con il suo sommo maestro Giovanni il Precursore, c’è un semicerchio a forma di una abside, mentre davanti al trono una fossa più profonda serve da coro dove si raccoglie il capitolo accanto al seggio arcivescovile. Un’altra scala di marmo, destinata alle donne, conduce dal sotterraneo alla chiesa superiore e il lusso delle decorazioni risponde all’importanza delle reliquie.

Tornando nel Duomo, gettai un rapido sguardo al maestoso edificio. Soffitto dorato è decorato con i quadri di uno dei migliori artisti della scuola napoletana, Andrea Alastro, che si adoperò per raffigurare tutta la vita terrena dell’Apostolo suo omonimo, a cominciare dai reti dei pescatori sul lago di Galilea e fino al martirio a Patrasso. Sulle porte principali è rappresentato invece il miracolo glorioso dell’Apostolo fino ad oggi festeggiato nella chiesa amalfitana il 27 giugno, quando grazie alle sue preghiere fu dispersa da una tempesta la terribile flotta del pirata Barbarossa che aveva devastato i mari dell’Italia, dopo l’inutile assedio di Malta, nel XVI secolo.

Solo due colonne di granito, poste accanto al pulpito arcivescovile, erano rimaste del colonnato precedente. Altre colonnine elicoidali con mosaici dorati che ora servono da candelieri e due piccoli pulpiti, su entrambi i lati dell’altare, per la lettura del vangelo e dell’apostolo, ricordano ancora l’arredo originario della basilica. Ho saputo in seguito che, all’inizio di questo secolo Michele, l’arcivescovo di Amalfi,[7] aveva ricostruito tutta la chiesa a proprie spese, secondo un gusto nuovo, e per dare stabilità all’edificio aveva circondato le sue ottanta colonne con colonne a quattro angoli, come era stato fatto anche nella Basilica Laterana a Roma. C’erano abbastanza marmi per la decorazione, ma nessuna traccia dell’aspetto precedente. Sui lati dell’altare principale ci sono due altari supplementari, come da noi l’ara e il diakonikon; in uno di essi si conservano i Sacrementi, in un altro parte delle Sante reliquie, trasportate da Zargrad, e tra queste le teste dell’Apostolo Giacomo, di S. Basilio il Grande e le ossa di S. Macario l’Egiziano. Una cupola di porfido, trovata tra i ruderi di Amalfi, è situata all’entrata e forse risale ai primi secoli del Cristianesimo; fino ad oggi essa serve per il battesimo dei bambini. Due bassorilievi eleganti ma pagani che raffigurano il ratto di Proserpina e il matrimonio di Pallade, ritrovati nei dintorni, richiamano l’attenzione presso il passaggio nella Basilica del Crocifisso annessa al Duomo; essa serviva in precedenza come sepolcro degli uomini celebri di Amalfi. Adesso lì sono conservate, accanto al trono, le ossa trasferite dal vecchio convento dei Cappuccini e una notevole icona antica sopra le porte esterne che raffigura il Salvatore tra la Madre di Dio e il Precursore, mentre in basso la Vergine purissima con il Bambino, tra i Apostoli Andrea e Giovanni. È difficile riconoscere i volti superiori, poiché sono consumati dal tempo. Un piccolo cortile, circondato da strette arcate e colonnine intrecciate, in stile moro, è attiguo a questa chiesa, come accade in tutte le basiliche, mentre intorno ad esso è costruito il palazzo arcivescovile. Proprio all’ingresso, sul suo alto terrazzino d’ingresso, c’è un’altra icona scolpita della Madre di Dio e sotto di essa un antico bassorilievo, diviso in due parti, con i volti del Salvatore, dei suoi dodici Apostoli e della Vergine. Un campanile ornato da fregi è adiacente alle camere e alla chiesa, in stile bizantino e semiarabo, con resti di antiche colonne appoggiati alle pareti; esso è incoronato da cinque capitoli che sono coperti da lastre di ceramica come un mosaico. Questo è quanto mi colpì in particolar modo nella cattedrale di Amalfi così vicina al mio cuore.

Dal suo alto sagrato si rivela l’incantevole vista sulle rocce selvagge incoronate da torri, nelle cui valle fu piazzata la pittoresca cittadina bagnata dalle acque serene del suo golfo, e a lungo non riuscì a distogliere lo sguardo da questo meraviglioso panorama.

All’uscita dalla cattedrale il nostro accompagnatore ci condusse nella cosiddetta Valle dei Mulini, di una bellezza inusuale, poiché lì il rapido torrente cristallino che ravviva Amalfi scorre rumorosamente dalle gole e, formando innumerevoli cascate, da sotto le ruote che esse mettono in moto, riempie con la voce delle sue acque la città e la valle; su di esse si abbassavano in modo pittoresco le montagne rocciose, cosparse di vigne e di antichi castelli.

Quando tornammo in albergo, sulle rive del mare, per andare sulla cima stessa dei monti, nel pittoresco paesino di Ravello, il mio accompagnatore, uomo anziano e molto devoto, mi disse: “ho per voi un’antichità: volete che ordini di portarvela? Essa vi piacerà di sicuro”, ma io, non aspettandomi nulla di buono, lasciai cadere tale proposta. Ci incamminammo lungo la riva del mare, accanto al villaggio di Trani, patria di Masaniello, e da lì iniziammo a salire verso Ravello, dapprima per gradini, tra le case e le chiese, e poi lungo la strada di pietra, che costeggiava le vigne e la riva del torrente montano che dovemmo più volte attraversare. Infine, con grande stanchezza, raggiungemmo il magnifico paese che abbarbicato come un nido d’aquila, all’oscurità delle rocce, troneggiava sul mare e su tutti i dintorni. Chiese bizantine, torri gotiche, antiche case in stile moro, testimoniavano chiaramente che Ravello, ora paese povero, aveva goduto un tempo di ricchezza e lusso ed era stata una cittadina rinforzata da mura e che conteneva al suo interno cinquantamila abitanti.

<…> Dopo aver visitato ancora un’altra chiesa di Ravello, dedicata al Precursore, decorata da colonne di granito, cominciammo a scendere verso Amalfi per la stessa strada e allora la mia guida mi propose di nuovo la sua antichità, assicurandomi che mi sarebbe piaciuta molto. Intanto uno dei suoi figli, mandato avanti, ci condusse questo oggetto antico e quanto grandi furono la mia gioia e la mia sorpresa quando vidi l’antica icona della Madre di Dio con il Bambino, del nono o decimo secolo, intagliata ad arte da ossa di elefante, con colonnine bizantine ai lati e una corona che giaceva su di esse; l’icona era tutta ingiallita dal tempo e frantumata in alcuni punti, ma conservava l’antica bellezza.

“Dove hai trovato questa icona?” – domandai a Miloni (così si chiamava il nostro accompagnatore) di cui tutti i viaggiatori avevano un’ottima opinione. “Non è mia, rispose lui, ma di una povera donna di Ravello che l’aveva ritrovata tra le rovine di una chiesa, vicino casa sua, circa quattro anni fa, ed ecco che la conservo come icona a casa mia già da un anno e mezzo.” “Ma per quale motivo fino ad oggi non l’hai proposta a nessuno? Forse arrivano pochi viaggiatori ad Amalfi?” – “Ci sono, – rispose Miloni, – ma non volevo consegnarla agli inglesi, perché essi non rispettano le icone, e ai cattolici non mi è mai capitato; così, già in chiesa, mi è venuto in mente di darla a voi”. Con gioia accettai quel tesoro e ringraziai con il pensiero il mio Angelo che così rapidamente aveva esaudito il desiderio ardente del mio cuore e mi aveva mandato la benedizione dalle sue reliquie. Intanto eravamo giunti in albergo dove erano già stati preparati gli asini che ci avrebbero condotti in serata a Castellammare, per una strada montuosa molto difficile da percorrere. Avrei voluto prima recarmi nella cattedrale e porre lì l’icona sul petto dell’Apostolo, ma il mio accompagnatore mi convinse che ciò non era possibile poiché fino alle cinque la chiesa rimane chiusa e non avremmo avuto il tempo di raggiungere Castellammare prima del calare del sole. “La strada è impervia, – disse lui, – ma Dio accetterà le vostre fatiche”.

Così lasciai Amalfi, ma il mio cuore non rimase tranquillo, perché non avevo compiuto ciò che desideravo. Salendo sulle rocce ripide della strada costiera mi guardavo intorno da ognuna di esse per cercare con lo sguardo l’alto campanile della cattedrale. E divenni triste quando questo scomparve completamente dalla mia vista. Lungo i sentieri, quasi impercorribili, giungemmo fino alla cima della costa che si affacciava sul golfo di Salerno e, attraversando un villaggio e una valle fiorente, con grande stanchezza salimmo sulla cima di Monte S. Angelo, dove, da un cappella isolata, si gode una vista grandiosa su entrambi i golfi, di Salerno e di Napoli. Non meno difficile fu la ripida discesa nella valle di Castellammare ed era già diventato completamente buio quando sfiniti raggiungemmo il nostro alloggio per la notte.

Il mattino dopo, ancora prima dell’alba, mandai uno dei nostri accompagnatori ad Amalfi per chiedere a qualcuno del clero della cattedrale di consacrare per me l’icona e di riportarmela verso sera a Napoli, con la certificazione del vicario dell’arcivescovo che questa icona, chiamata Madre di Dio di Costantinopoli, fosse stata effettivamente benedetta il 9 di maggio, sulla tomba dell’Apostolo il Primo Chiamato.” 

Negli ultimi anni della sua vita Murav’ëv si rivolse ad un genere nuovo per lui – l’innografia. A lui, come ad un devoto visitatore della chiesa kievana di S. Andrea, si rivolse il clero del luogo per comporre un inno tipico della Chiesa ortodossa russa, l’akafisto.

La creazione dei akafisti è un omaggio particolare della Chiesa russa nell’antica tradizione bizantina. Essi erano composti da gruppi di monaci oppure da abili scrittori religiosi non nella lingua letteraria russa ma in quella slava ecclesiastica arcaica che come lingua simbolica e come lingua operante in un contesto specificatamente religioso consentiva meglio di trasmettere lo spirito di preghiera. Secondo la tradizione tali inni circolavano in modo anonimo, ma ci è noto il lavoro che compì Murav’ëv sull’akafisto di S. Andrea nel 1866-1867 grazie alla corrispondenza tra lui e il santo metropolita moscovita Filarete. Il Monsignor mostrò delle severe critiche nei confronti dell’inno di Murav’ëv e gli propose di rifare alcune parti dell’akafisto, sottolineando che esso “deve essere opera dello Spirito, e non della letteratura”. S. Filarete eliminò una serie di espressioni, troppo vicine alla contemporanea lingua russa. L’inno finale entrò nella pratica delle funzioni religiose della Chiesa russa e sino ad oggi viene pubblicato in particolari raccolte di inni, gli Akafistniki, come d’uso, senza la citazione del nome del suo autore.

La traduzione proposta è tratta da una di queste raccolte contemporanee (Akafistnik, Moskva, ed. del Monastero di S. Danila, 2000, pp. 327-337).

 


[1] Cfr. M. Talalay, Il monachesimo russo del Monte Athos dalle guerre balcaniche ad oggi, in Religioni e Società, 36, 2000, pp. 104-108.

[2] Ibid., I pellegrini russi a Bari, in Nicolaus. Studi storici, 2, 1998, pp. 601-634.

[3] Rimskie pis’ma, Sankt-Peterburg, 1846; il pellegrinaggio di Andrej Murav’ёv in Italia interessò lo storico romano Angelo Tamborra, il primo studioso italiano che scrisse del letterato russo; cfr. Chiesa cattolica e Ortodossia russa, Roma, 1992.

[4] Sui viaggiatori russi in Costiera in generale vedi M. Talalay, Viaggiatori russi ad Amalfi e Ravello, in Rassegna del Centro di cultura e storia Amalfitana, 25, 2003, pp. 157-168.

[5] Nell’usanza russa ortodossa i Protettori Celesti spesso sono nominati come gli Angeli (e così anche un onomastico diviene un Giorno dell’Angelo)

[6] Città degli Zar, cioè Costantinopoli, nella lingua slava arcaica.

[7] Michele, l’arcivescovo di Amalfi.

Traduzione dal russo di Anastasia Veneziano

Inno Akafisto[1]

al santo apostolo Andrea, primo chiamato

 

Kondak 1[2]

Cantiamo inni al primo chiamato Apostolo di Cristo, predicatore del Santo Vangelo, illuminatore ispirato da Dio della Terra Russa, Andrea glorioso, stando sulla cima del colle, dove la sua destra ha innalzato la Croce e a lui, quale seguace del Capo della Chiesa e seguendolo le ha mostrato la via verso Cristo, con pietà cantiamo: Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, Primo Chiamato. 

Ikos 1[3] 

Tu Andrea Apostolo dell’Agnello il Cristo che ha preso su di sé i peccati del mondo sei stato l’angelo della Buona Novella e con lui in eterno sei nei Cieli; ora guarda al canto che si innalza a te nel tuo tempio, sul luogo dove stavano i tuoi piedi e tu che sei ricco della grazia di Dio, dacci una buona parola per cantarti: rallegrati, aurora della città di Betsaida che per noi ha brillato; rallegrati, degno fratello di Pietro, corifeo degli Apostoli. Rallegrati discepolo del grande Precursore di Cristo; rallegrati, primo tra tutti gli Apostoli chiamato al ministero apostolico dal Signore stesso. Rallegrati perché agli altri hai annunciato con gioia: “Venite, abbiamo trovato il Messia”; rallegrati, e conduci anche noi a Lui. Rallegrati, Andrea, apostolo di Cristo primo chiamato. 

Kondak 2

“Maestro, dove abiti?”, hai chiesto, o Andrea, al Salvatore delle anime nostre, e con Lui sei rimasto un giorno, hai amato per tutti i giorni della tua vita il Messia da te trovato, e tuo fratello maggiore hai condotto a Lui. Ora anche noi, come tuoi fratelli minori, non stancarti di attirare a Lui, cosicché seguendo le tue orme, pure noi cantiamo a Dio: Alleluia. 

Ikos 2

Vedendo in te, Santo Andrea, la fiamma della fede e dell’amore, il Signore di nuovo ti trovò sul lago di Gennesaret quando pescatore assieme a tuo fratello, gettavate le reti in profondità, e vi disse: “Seguitemi e io vi farò pescatori di uomini”. Tu l’hai seguito e con la tua parola ispirata da Dio, come rete hai pescato gli uomini per Cristo e con loro anche noi, catturati da te alla salvezza, ti diciamo: Rallegrati, perché hai imparato dallo stesso Signore la pesca spirituale; rallegrati perché su quello stesso lago con gli altri Apostoli eri nella tempesta, e per la fede nel Signore che ha fermato il vento e la tempesta, sei stato salvato. Rallegrati tu che hai creduto profondamente quando hai visto miracolosamente saziata la moltitudine di cinque mila persone con cinque pani; rallegrati tu hai ricevuto da Cristo il dono di guarire ogni sorta di infermità e malattia. Rallegrati perché venne una voce dal cielo a favore dei greci che videro Cristo grazie a te; rallegrati perché sul monte degli ulivi è stato rivelato anche a te quello che sarebbe avvenuto alla fine del mondo. Rallegrati, Andrea Apostolo di Cristo primo chiamato.

Kondak 3

Tu che hai goduto, nella sala alta di Sion, dell’ospitalità del Signore e della sua mensa immortale, quale fedele amico di Cristo insieme agli altri Apostoli hai visto il Signore e il tuo Dio dal quale hai ricevuto lo Spirito Santo per legare e sciogliere i peccati. E ancora nello stesso Cenacolo di Sion grande è stata su di te la discesa dello Spirito promesso in lingue di fuoco. Così tutte le genti si meravigliarono, come nella loro lingua hai proclamato le meraviglie di Dio, cantando: Alleluia.

Ikos 3

Dal Signore hai ricevuto il comando di predicare il Vangelo a tutte le creature, hai attraversato molte città e paesi, Apostolo Andrea, chiamando le genti alla conoscenza del vero Dio e battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; con loro anche a noi è stata concessa la grazia del Battesimo. Perciò con riconoscenza ti cantiamo: Rallegrati, fedele annunciatore dei miracoli di Cristo; rallegrati potente predicatore del santo Vangelo. Rallegrati, distruttore del ministero idolatrico; rallegrati, fondatore della vera adorazione di Dio. Rallegrati, perché grazie alla tua parola le genti rinascono per l’acqua e lo Spirito; rallegrati, perché con te i fedeli partecipano al banchetto immortale. Rallegrati, Andrea, apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 4

La forza di Dio è scesa su di te, Apostolo primo chiamato, per predicare la forza e la gloria del Figlio di Dio e confermare tutti i chiamati a credere nella Santissima Trinità. Allora anche noi che ci inchiniamo davanti al Dio Uno in tre ipostasi custodiscici nei pascoli verdi di Cristo, perché sempre santificati dalla grazia dello Spirito Santo a gran voce Lo cantiamo: Alleluia.

Ikos 4

Avendo condotto a Cristo tuo fratello Simon Pietro, o Protocleto[4], con lui sei andato al tuo servizio apostolico, prima ad Antiochia e a Sinop e là hai vinto le schiere dei demoni, dalle catene della prigione hai liberato il tuo compagno di viaggio l’apostolo Matteo, e quelli carcerati con lui hai battezzato; a Pietro il protocorifeo che da lì si recava nei paesi d’Occidente hai dato il bacio fraterno, mentre tu combattevi bene in Oriente. Così anche noi fedeli della Chiesa d’Oriente ti onoriamo: Rallegrati forza di Dio, che scaccia le schiere dei demoni e rompe le catene delle prigioni; rallegrati tu che hai accolto la grazia apostolica che ci ha liberato misteriosamente dalle catene dell’Ade. Rallegrati, l’Occidente e l’Oriente hai diviso a sorte con il tuo sapiente fratello, per amore della predicazione della parola di Dio; rallegrati, nella città di Sinop con la forza dei tuoi miracoli hai svelato l’infedeltà dei giudei. Rallegrati, perché là sei stato picchiato dagli infedeli per amore di Cristo; rallegrati, perché dallo stesso Signore apparsoti hai ottenuto la guarigione dalle ferite. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 5

Due volte sei tornato nella città santa, per celebrare là con gli Apostoli la Pentecoste, due volte ancora sei partito dal Santo Sion per predicare Cristo al mondo intero, prima con Giovanni che ha posato il capo sul petto del Signore, poi con Simone Cananita e Mattia che è stato dalla sorte eletto apostolo e hai attraversato tutti i confini dell’Asia e del Ponto[5], portando a tutti la parola di salvezza affinché cantino a Dio: Alleluia.

Ikos 5

Dal mare di Galilea al Mar Nero hai gettato le tue reti e in tutti i territori circostanti il mare hai fatto risuonare la tua buona novella, sei andato o Corifeo anche nei paesi dei sciti, piantando dappertutto la croce, il segno della nostra salvezza. Così anche noi, anche se generazioni più tardive, accogliendo la tua buona novella e ricordando le tue imprese ti cantiamo: Rallegrati, a Nicea hai fermato i banditi cattivi e hai ucciso il terribile drago; rallegrati, hai piantato la croce di Cristo in quella città come precursore dei padri teofori là due volte riuniti. Rallegrati perché nell’Asia e nel Ponto con te si è accesa la luce di Cristo; rallegrati, perché il tuo scettro apostolico ha aperto alla luce di Cristo la contrafforte del Caucaso. Rallegrati, grazie a te le tenebre della Crimea si sono illuminate; rallegrati con te fonti di acqua viva, hanno bagnato l’universo. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 6

Oppresse dalla tempesta delle passioni e mosse come le acque dell’oceano, le genti che non conoscono il vero Dio, hai condotte al pacifico porto di Cristo e quei cuori, scossi come una fragile barca scossi per la mancanza di fede hai fissati all’ancora della fede ortodossa. Così anche noi, quali figli della fede ortodossa, con cuore riconoscente e labbra grate cantiamo a Dio: Alleluia.

Ikos 6

Sul monte degli Ulivi una volta al tuo Maestro divino hai chiesto insieme agli altri apostoli, o Andrea: “Dicci quale sarà il segno della tua venuta?” Sui colli di Kiev quale organo della grazia dello Spirito Santo, tu hai preannunciato la gloria futura di quel luogo; noi ai quali sono state concesse queste predette misericordie con cuore contrito ti gridiamo: Rallegrati, perché dal monte Sion ci hai portato la legge evangelica; rallegrati, perché attraverso le acque del Dnepr come Apostolo di Dio sei venuto a noi. Rallegrati, la grazia del Giordano per il nostro Battesimo a questo fiume hai donato; rallegrati sui colli di Kiev hai innalzato la Croce della nostra salvezza. Rallegrati, per la Croce hai lì predetto la copiosa grazia divina; rallegrati, per la Croce hai preannunciato lì la nascita di una grande città e di molte chiese. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 7

Oggi, a compimento della tua voce profetica, un glorioso tempio si eleva sul posto, dove hai previsto quello che non era come esistente per il dono dello Spirito Santo; la grande città intorno con le chiese dalle cupole dorate testimonia la verità delle tue parole e ad essa fino ad oggi tu come da una alta cattedra porti l’annuncio di pace. Così anche noi vedendo il compimento delle tue parole ispirate da Dio con voce alta gridiamo a Dio: Alleluia.

Ikos 7

Avendo ricevuto la luce della conoscenza divina dall’aurora luminosa dell’Apostolo primo chiamato Sant’Olga[6] ha brillato sulla Terra Russa come aurora della nostra salvezza conducendo dietro a sé, quale astro luminoso, suo nipote Vladimir[7], l’illuminatore di tutto il paese del Nord. Così anche noi innalzando i nostri occhi a te, o sapiente Andrea, quale primo annunciatore della buona novella della nostra salvezza, ti cantiamo queste lodi: Rallegrati, tu donasti all’aurora della nostra salvezza, Sant’Olga, la luce della conoscenza divina; rallegrati perché per la sua retta fede il regno di Dio si è aperto. Rallegrati, perché con la tua benedizione un astro glorioso dall’aurora è sorto per noi; rallegrati perché per il tuo annuncio apostolico è apparso per noi un principe uguale agli apostoli. Rallegrati, perché con te il regno terreno di San Vladimir è unito a quello celeste; rallegrati, perché il Dnepr e la Pociaina, i fiumi di Kiev, sono stati per noi fonte battesimale di salvezza. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 8

I pastori e il gregge della gloriosa città di Kiev e di tutta la Terra Russa annunciano la memoria delle tue gesta, sapiente Andrea Apostolo; incorrotti riposano nelle grotte coloro che sono piaciuti a Dio, con Antonio e Feodosio[8], con voci incessanti, come fossero vivi, annunciano la tua gloria per sempre e a tutte le generazioni, la croce da te lì innalzata quale albero dalle foglie rigogliose è cresciuto, per portarci frutti di pietà e di santità. Noi come uccelli spirituali del tuo giardino paradisiaco da te abbiamo imparato a cantare a Dio: Alleluia.

Ikos 8

Non solo della Russia sei stato l’annunciatore della salvezza, Apostolo di Cristo primo chiamato, ma anche di tutti i popoli slavi, come una chiocciola che raccoglie i suoi pulcini sotto le proprie ali, li hai condotti a Cristo; tu vedendo da Chersones[9] le genti dei paesi del nord immerse nelle tenebre, affinché imparassero la parola di Dio, i sapienti maestri, Cirillo e Metodio, con la tua predicazione molti secoli prima hai preparato; noi con le labbra di questi nostri illuminatori, a voce alta ti cantiamo: Rallegrati, i popoli slavi hai benedetto da tempo immemorabile; rallegrati hai reso sapiente la loro saggia parola tramite la parola di Dio. Rallegrati, perché obbedienti alla parola di Dio divennero figli spirituali della Chiesa di Cristo; rallegrati perché a Chersones dove hai predicato, San Cirillo i primi caratteri russi ha trovato e li ha adottato. Rallegrati, perché tramite essi l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine, Cristo divina Sapienza hai loro annunciato; rallegrati, perché tutte le scritture ispirate questi maestri hanno offerto nella lingua slava. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 9

Il deserto scita non hai temuto e fino nella profondità dei paesi settentrionali è giunto il tuo pellegrinare apostolico, primo chiamato, da lì sei venuto nell’antica Roma, l’allora capitale del mondo pagano; però a causa delle tenebre idolatriche l’hai lasciata e sei andato sulle belle rive del Bosforo, lì nella città di Bisanzio, che era la nuova Roma e la madre dei cristiani, hai fondato la tua sede apostolica, per poter da lì illuminare con la luce della fede l’Oriente e il Settentrione, i cui figli fedeli della Chiesa di Cristo acclamano a Dio a una voce: Alleluia.

Ikos 9

“Madre di Sion”, canta il salmo, perché l’uomo è nato spiritualmente da lei, il nuovo Sion per noi è stato Kiev: lì la luce e la grazia di Dio è apparsa a tutti i figli russi dalla cattedra, che tu, Apostolo primo chiamato, hai eretto a Bisanzio. Così anche noi, illuminati dalla luce senza tramonto, con riconoscenza ti cantiamo: Rallegrati, tu che sei sceso dal monte di Sion e hai illuminato la città di Kiev dalle molte colline con la luce dall’alto; rallegrati a questa città hai mandato con la tua benedizione l’abbondanza dei frutti spirituali. Rallegrati, perché in mezzo all’universo hai eretto la tua sede apostolica; rallegrati, perché alla sua ombra nella nuova Roma hai raccolto tutti i popoli da te evangelizzati. Rallegrati, con essa l’ortodossia si rafforza nelle nostre anime; rallegrati, con essa dall’Oriente le tenebre dell’Occidente si diradano. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 10

Quando è venuto il tempo di presentarti a Dio, beato Apostolo, tu sei recato nell’antica Patrasso di Acaia per essere là sacrificato, hai concluso la tua corsa, hai combattuto la buona battaglia, predicando a tutti Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, follia per i greci, per noi chiamati e salvati Cristo, Forza e Sapienza di Dio dalla quale abbiamo imparato a cantare a Dio: Alleluia.

Ikos 10

Ovunque nel nome del Signore Gesù hai curato i malati, resuscitato i morti, cacciato i demoni, e a Patrasso hai rafforzato con miracoli la tua predicazione prima di morire, Apostolo di Cristo, e a Patrasso convertendo alla conoscenza della verità il proconsole Lesvio, quando a causa della resistenza rimase ferito, e da te fu sollevato dal letto della malattia; tutta la gente vedendo in te la forza di Dio, distrusse i propri idoli, poi ti apparve il Signore, come a Paolo una volta a Corinto, ordinandoti di prendere la tua croce, indicando così la tua sofferenza per amore suo a Patrasso. Così anche noi, meravigliati della grande grazia in te, con devozione ti cantiamo: Rallegrati, grande forza di Dio onnipotente; rallegrati tesoro prezioso di miracoli. Rallegrati, evangelizzatore e decoro degli antichi Patri; rallegrati, hai mutato l’incredulità del proconsole in fede; rallegrati, perché là di nuovo ti è apparso il Signore, chiamandoti al sacrificio della croce; rallegrati, perché è stata preparata per te la corona della giustizia. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 11

L’imperatore Nerone, come una volta Erode, proclamò la persecuzione di tutti i fedeli, a Roma a Paolo venne tagliata la testa, Pietro venne crocifisso sulla croce, similmente anche per te a Patrasso ti raggiunse la mano del persecutore, quando al posto del mite Lesvio venne fatto giudice il perfido Egeato che non poteva sopportare il Battesimo di suo fratello, e non essendo stato toccato neanche dalla guarigione di sua moglie, ti gettò in prigione e, come Pietro il Capo, ti condannò alla croce. Tu carcerato nella buia prigione, come in un luminoso tempio, hai ordinato vescovo di Patrasso il fratello del proconsole Stratoclisso cantando a Dio in mezzo alla prigione con tutti i fedeli: Alleluia.

Ikos 11

Vista innalzata sul luogo del Calvario la croce, sulla quale dovevi essere crocifisso, non hai temuto, o Apostolo, di testimoniare fino alla morte il Cristo che ti ha amato e da te amato, e allargando le braccia a questo segno di salvezza hai gridato: Rallegrati, Croce venerata, davanti alla quale sto con gioia, riconoscendoti, mia speranza; rallegrati, Croce vivificante, la cui cima ha raggiunto i Cieli, e il piedistallo ha distrutto le porte dell’Ade. Rallegrati, Croce davanti alla quale è degno inchinarsi, che hai accolto il mio Signore, quale grappolo dolcissimo, che ci ha donato la salvezza; rallegrati, Croce benedetta, che hai salvato il buon ladrone e a lui hai donati i frutti della confessione di fede. Rallegrati, perché sei stata il compimento della mia gioia; perciò rallegrati anche tu, o martire, che hai sigillato la tua fede in Cristo sulla Croce. Rallegrati, Andrea, apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 12

“Venite testimoni della mia gioia! – hai gridato, Apostolo, a chi compì la volontà di Egeata, – fate la volontà di ambedue noi, crocifiggetemi, come agnello, sacrificatemi al mio Creatore”. E detto questo, salisti sulla croce, come su un’alta cattedra, da dove tre giorni e tre notti hai predicato la parola di Dio alla gente che stava attorno a te, perché non temessero la morte e confessassero il Signore Gesù. Quando il tuo volto si illuminò della luce celeste, il tuo persecutore si spaventò e ordinò di toglierti dalla croce; ma tu, che hai sofferto la passione, non hai voluto la liberazione dalla tortura della croce cantando fino alla tua morte incessantemente a Dio: Alleluia.

Ikos 12

Lodando le tue imprese apostoliche, Andrea primo chiamato, onoriamo la sua santa morte, con la quale hai glorificato la vivificante passione del Figlio di Dio, e con contrizione di cuore cantiamo a te così: Rallegrati, amico di Cristo, con letizia per Lui hai sopportato le sofferenze della croce; rallegrati Apostolo fedele, dalla croce hai predicato parole di vita eterna ai fedeli. Rallegrati, perché nell’ora quando ti hanno tolto dalla croce sei stato invaso di luce, come di un lampo dal cielo; rallegrati, perché a chi professa rettamente il Cristo, Figlio di Dio, da te predicato, hai promesso una grazia grande. Rallegrati, fondamento apostolico della Gerusalemme celeste; rallegrati, tu che siedi con gli apostoli su uno dei dodici troni, per giudicare tutte le tribù di Israele. Rallegrati, Andrea, Apostolo di Cristo, primo chiamato.

Kondak 13

O Andrea Protocleto Apostolo di Cristo, guarda alle lodi di coloro che venerano la tua santa memoria, e come hai piantato il legno della croce sui colli della città di Kiev, proteggici sempre con questo segno salfivico, perché custoditi dalla croce del nostro Signore Dio e Salvatore, raggiungiamo la misura della statura di Cristo e siamo resi degni di cantare con te e con tutti i Santi con voce gioiosa nei secoli eterni a Dio, il Salvatore nostro: Alleluia.


[1] Akafisto (Akafistos), dal greco “non seduto”, cioè “cantato in piedi”, un tradizionale inno bizantino ortodossa nato nell’ambito della innografia mariana; traduzione dell’Akafisto a S. Andrea è a cura delle suore del monastero russo Uspenskij (Roma).

[2] Kondak (Kondakion),

[3] Ikos,  

[4] I.e. il Primo Chiamato.

[5] I.e. Mar Nero

[6] Principessa Olga (†969), di origine probabilmente normanna, moglie del principe Igor, fu una dei primi sovrani cristiani dell’antica Russia (Rus’ Kievana).

[7] Principe Vladimir (†1015) ha introdotto nel 988 in Russia la cristianità come una religione ufficiale; canonizzato dalla Chiesa Ortodossa Russa. 

[8] SS. Antonio e Feodosio, fondatori del monachesimo in Russia, primi monaci della Laura di Kiev.

[9] Chersones, antica città di Crimea, vicino odierna Sebastopoli.  

a cura di Michail Talalay e delle monache del Monastero Uspenskij, Roma