L’ARMATA RUSSA IN ITALIA NEL 1799: LIBERAZIONE O OCCUPAZIONE?

Quando nella primavera del 2011, nell’ambito delle manifestazioni per l’anno italo-russo, si decise di apporre una targa commemorativa a Palazzo Belgioioso a Milano, dove nel 1799 aveva soggiornato Aleksandr  V. Suvorov, in seguito a varie consultazioni, anche con l’autore di queste righe, emerse la seguente proposta di testo: 

NEL PALAZZO BELGIOIOSO NELL’APRILE 1799 FU OSPITE IL FELDMARESCIALLO ALEKSANDR SUVOROV,AL COMANDO DELL’ARMATA ALLEATA AUSTRO-RUSSA, CHE TRA L’APRILE E L’AGOSTO 1799 LIBERÒ LA LOMBARDIA E IL PIEMONTE DAGLI OCCUPANTI FRANCESI E DISTRUSSE IL MITO DELL’INVINCIBILITÀ DELL’ARMATA DI NAPOLEONE BONAPARTE.

Tuttavia, dopo l’accordo con la parte italiana, a Milano spuntòinfine un secondo testo, assai più discreto:

In questo palazzo nell’anno 1799 / il generale feldmaresciallo / Aleksandr Suvorov / grande condottiero russo / fu ospite durante la campagna / di Lombardia e Piemonte.

In sostanza dal testo era sparita la menzione di austriaci e francesi, e soprattutto il riferimento alla «liberazione della Lombardia e del Piemonte»; al loro postoappariva l’espressione «Campagna di Lombardia e Piemonte», raramente usata dalla storiografia italiana.

Una modifica del testo così seria conduce a domandarsi: cosa in realtà aveva fatto l’armata russa nel nord dell’Italia nel 1799?L’aveva liberata o no?

Ricordiamo rapidamente le circostanze della Campagna d’Italia di Suvorov: così [Ital’janskijpochod] gli storici russi chiamano tale impresa (o anche campagna della Seconda coalizione [KampanijaVtorojkoalicii]), mentre per gli italiani questa è per eccellenza la Prima restaurazione (intendendo la restaurazione allora di breve durata del governo austriaco).

Il ritorno degli Austriaci era stato reso possibile dalla prima vittoria di Suvorov sull’Adda. Nella notte tra il 15 e il 16 aprile (secondo il Calendario giuliano) l’esercito russo forzava l’Adda e sconfiggeva il nemico. Il reggimento francese di cavalleria giunto a Milano il 16 aprile veniva anch’esso sconfitto dai cosacchi. Il giorno successivo, il 17 aprile, il corpo austriaco del generale Josip  F. Bukasovich prendeva prigionieri i soldati francesi che attendevano nel repartodi riserva e non si erano neancheresi conto della disfatta. Così, in tre giorni – 15, 16, 17 aprile – fu deciso il destino di tutta la Lombardia: davanti agli alleati austro-russi si apriva la via per Milano. Suvorov chiamò l’Adda «il Rubicone sulla strada per Parigi» – notiamo: non per la capitale lombarda, considerata soltanto come prima importante stazione sulla via verso la Francia, verso il nido dell’‘idra rivoluzionaria’.

In questo momento drammatico per i francesi assunse il comando dell’esercito l’ambizioso generale trentaseienne Jean-Victor Moreau[1]. Tuttavia gli occupanti francesi, alla notizia della rapida offensiva del ‘vecchio Scita’, come loro chiamavano Suvorov, fuggirono da Milano insieme con lo stesso comandante Moreau[2].

Una testimonianza diretta su come realmente venisseconquistata Milano si deve all’atamano cosacco Adrian Denisov, al quale il 17 aprile nei pressi della città Suvorovcomandòa voce di recarsi dagli austriaci. Questi pretesero dall’ataman l’ordine scritto, ma lui, non risolvendosi a disturbare il feldmaresciallo, senza tornare indietro da Suvorov si diresse con i cosacchi verso la città. Inviò ai cancelli della città un drappello comandato da Mironov che scoprì che i francesi erano scappati e che «tutti gli abitanti guardavano ai cosacchi con disposizione amichevole»[3].

«Mi decisi a occupare la città» – racconta nei suoi appunti l’ataman– ; convocò alle porte il sindaco («il signor presidente» [gospodinpresident]) e gli comunicò «gentilmente ma con tono da vincitore, di aver ricevuto l’ordine di occupare Milano. <…> Ci accordammo con lui che in un’ora sarei entrato in città e regolammo per questo i nostri orologi». Alla fine fu lo stesso Denisov a prendere le chiavi di Milano, mentre gli austriaci, ai quali egli aveva fatto rapporto sulla resa della città, dichiararono di essere stanchi e soltanto il giorno dopo giunsero, al comando di Michael von Melas, nella capitale lombarda. Scrive inoltre l’atamano: «io senza scendere da cavallo lo abbracciai, ma in tale circostanza il vecchio Melas cadde dal suo cavallo».

È evidente che Suvorovsi attenesse tatticamente a un comportamento politically correct: Milano e la Lombardia erano un ‘feudo’ austriaco, e il successo delle armi russe serviva alla restaurazione austriaca. In seguito l’occupazione di Milano da parte degli austriaci divenne un luogo comune, sebbene le fonti più informate comunichino che a «penetrare» per primi fossero statii reparti cosacchi.

I milanesi accolsero cordialmente, perfino con entusiasmo, l’esercito austro-russo; i repubblicani, seguaci del governo ‘marionetta’ della Repubblica Cisalpina, e i francesi avevano fatto in tempo a disilludere i cittadini, e come allora scrissemalinconicamente un contemporaneo, «la popolazione è sempre contenta di nuovi, forti eventi»[4]. I repubblicani offendevano i sentimenti dei credenti, si beffavano dei luoghi sacri, chiudevano le istituzioni religiose. Prima di lasciare Milano i francesi svuotarono le casse civiche e fuori dalle scadenze, in anticipo, raccolsero dai cittadini le tasse annuali che ovviamente portarono via con sé.

A causa delle loro folti barbei pittoreschi cosacchi vennero chiamati ‘cappuccini russi’. Come ricordavano i testimoni oculari, Suvorov si comportava come suo solito in modo assai stravagante: salutava gli italiani con l’abbraccio e il bacio pasquali (l’ingresso delle truppe russe era avvenuto durante la Pasqua ortodossa), spiegando loro in italiano, lingua da lui parlata, che veniva «a restituire la fede cattolica»[5]. È indicativo il fatto che qui egli spostasse l’accento dal campo politico-militare (aiuto agli alleati austriaci) a quello spirituale, religioso.

Suppergiù la stessa cosa, il ritorno della fede cattolica, percepivano i rappresentanti della Chiesa ambrosiana.

Alla vigilia dell’ingresso da vincitore a Milano, il 17 aprile, Suvorov venne ospitato a Monza nella residenza dell’Arcivescovo Filippo Maria Visconti (1720-1801) che lo ringraziò per avere liberato la Lombardia. Dopo la marcia trionfale dell’armata russa il 18 aprile, in Duomo fu officiato il Te Deum. L’Arcivescovo, omonimo dell’ultimo signore di Milano della famiglia Visconti, Filippo Maria, appunto, era allora un vecchio di 80 anni. Era salito al soglio vescovile per elezione diretta dell’imperatore e naturalmente sosteneva una politica sostanzialmente filoaustriaca. Era noto come valente predicatore e come mecenate. Avendo accolto trionfalmente gli alleati, quando terminò la Prima restaurazione, cioè quando tornarono i francesi, il Monsignore fu costretto a fuggire dalla città natale. Nondimeno negli ultimi mesi prima della sua morte i francesi gli permisero di tornare al suo soglio legittimo.

In onore di Suvorov e degli alleati l’illustre compositore locale Ambrogio Minoia (1752-1825), in seguito direttore del Conservatorio di Milano, scrisse una cantata trionfale sui versi di Lorenzo Ciceri, il cui testo manoscritto abbiamo scoperto nell’archivio del Conservatorio. Venne eseguita il 25 maggio 1799, ormai dopo l’uscita di Suvorov da Milano, alla Scala, dal tenore Vincenzo Aliprandi. È vero, sei anni dopo lo stesso compositore scriverà una cantata in onore di Napoleone, elogiandolo per aver cacciato gli austriaci dalla Lombardia ed esser stato qui incoronato con la ‘corona ferrea’…

Il feldmaresciallo Suvorov soggiornò a Palazzo Belgioioso tre giorni in tutto, dal 18 al 20 aprile: infattilo attendevail proseguimento della marcia a occidente, verso il Piemonte. Sulle rive del fiume Trebbia si scontrò con un esercito di 35000 francesi al comando di Étienne-Jacques-Joseph Macdonald. Fu un combattimento feroce che si protrasse per due giorni, dal 18 al 19 maggio, e si concluse con la sconfitta dei francesi. La stessa sconfitta avvenne a Novi Ligure il 19 agosto 1799. Ora a capo dell’armata repubblicana in Italia venne posto Barthélemy Catherine Joubert, ambizioso generale trentenne, deciso a invertire la ruota della fortuna, sino a questo momento inclemente con i francesi. Calato dagli Appennini sulla pianura,Joubert si lanciò nella battaglia nonostante la superiorità delle forze nemiche – 50.000 alleati contro 35000 francesi –.

A Novi Ligure si svolse uno degli scontri più sanguinosi dell’epoca. Dopo la disfatta i francesi fuggirono; tuttavia gli alleati non provarono a seguirli, perdendo in tal modo la possibilità di assestare il colpo definitivo contro il nemico.

Il piano strategico di Suvorov consisteva nella continuazione della marcia verso occidente, lungo la riviera di ponente del Mar Ligure fino alle terre della Francia meridionale. Tuttavia, una serie di ritardi e di azioni maldestre da parte degli austriaci, insieme agli eventi negli altri teatri di guerra, in primo luogo in Svizzera, impedirono a Suvorov di realizzare il progetto. Ad Asti, dove si trovava il suo quartier generale, il condottiero il 25 agosto ricevette una lettera inattesa dell’imperatore Francesco II in cui si annunciava il termine della sua missione in Italia e l’invio delle truppe russe in Svizzera: lì i francesi erano passati all’attacco, minacciando i valichi alpini del Sempione e del San Gottardo. È probabile che Suvorov non trovasse gran confortonelle congratulazioni provenienti da Paolo II per la vittoria a Novi, la quale – alla luce degli eventi successivi – non esercitò alcuna influenza positiva suill’andamentodella guerra della Seconda coalizione contro la Francia.

In conclusione, a godere dei frutti delle vittorie di Suvorov in Piemonte non fu la legittima dinastia dei Savoia, ma gli stessi austriaci. Dopo che essi non fecero nemmeno entrare a Torino il legittimo monarca ‘restaurato’ (Carlo Emanuele IV), divenne finalmente chiaro che avevano avuto bisogno delle braccia russe solo per recuperare il proprio potere in Italia.

Per quanto riguarda la Lombardia, dopo la partenza dell’armata russa gli austriaci si comportarono dapprincipio abbastanza liberalmente nei confronti dei sudditi infedeli, sebbene in seguito non si siano evitate le repressioni politiche. Quando poi, già nel 1800, ritornarono i francesi, e Milano divenne la capitale del fantoccio regno d’Italia, si verificò qui un avvicendamento dell’élite, e al timone del potere sopraggiunsero i milanesi con disposizioni filofrancesi. Molti altri, invece – tra cui il Principe Alberico XII Barbiano di Belgioioso, che aveva ospitato Suvorov nel proprio palazzo (là, dove nel 2011 siporrà la targa commemorativa), dovettero scomparire nell’ombra.

La Seconda restaurazione (1815) portò nuovamente gli austriaci in Lombardia; tuttavia in questo momento stavano già maturando i movimenti patriottici: la nazione aspirava a sottrarrsi dalla tutela straniera, sia pur illuminata.Dopo la caduta definitiva del governo austriaco nel 1860, tutto quanto era legato ad esso iniziò a essere oggetto di critiche feroci. Dalla nuova prospettiva storica segnata dagli ideali del Risorgimento, l’aiuto di Suvorov agli austriaci cominciò da più parti a venire descritto come ‘reazionario’.

Oggi, dopo due secoli, alla luce delle lotte della nazione contro l’Impero asburgico, a proposito di Suvorov molti italiani hanno incominciato a credere che abbia sì liberato la Lombardia e il Piemonte da alcuni occupanti (i francesi)ma affermando al contempo come occupanti altri (gli austriaci).

Tuttavia per gli storici russi è indubbio che nel 1799 l’armata russa fosse liberatrice: in Piemonte essa ristabilì – sia pur formalmente – la dinastia dei Savoia, che in seguito si porrà alla guida del movimento per l’unità d’Italia. Intantoin Lombardia ripristinò il legittimo governo del ‘Sacro RomanoImpero’, la cui unica alternativa a quell’epoca era la Francia napoleonica: tuttavia, in nessun modo, gli Italiani erano allora pronti al Risorgimento.

Invece, per gli storici italiani, soprtatutto, anche se non unicamente piemontesi, le cose non stanno proprio così, considerando che grosso modo la Francia era portatrice, all’epoca, di idee progressiste e moderne a differenza dell’Impero Asburgico: in parole povere, secondo quest’ottica noi contemporanea, Suvorov si sarebbe trovato semplicemente dalla parte ‘sbagliata’.


[1] J.V. Moreau, successivamente passato dalla parte della coalizione antinapoleonica e ucciso nel 1813, venne seppellito a San Pietroburgo nella chiesa cattolica sul Nevskij prospekt. Se si ricorda che anche la tomba Suvorov si trova alla fine del Nevskij prospekt, non si può non meravigliarsi della circostanza che gli antichi nemici giacciano sepolti nella medesima strada.

[2] Una parte della guarnigione francese si rinserrò nel Castello Sforzesco e si arrese più tardi, il 12 maggio (secondo il Calendario giuliano)

[3] Cfr. A. Denisov, Zapiski [Appunti], “RusskajaStarina”, 1874. T. XI, pp. 58 ss.

[4] Cit. In M. Baratta, M. Galandra, 1799. Le baionette sagge, Pavia, 1999, p. 108.

[5] In seguito in Italia si raccontavano diverse stranezze di Suvorov: sembra che rompesse (o coprisse) gli specchi nelle case in cui soggiornava come se non volesse vedere il proprio aspetto sgraziato e la propria bassa statura; che avesse l’abitudine di saltare improvvisamente sulle sedie e sui tavoli facendo chichirichì, e durante le conversazioni senza apparenti motivi di piangere, ridere e fare smorfie. Sembra che ignorasse il letto e dormisse sempre sul pavimento e perfino che chiedesse di togliere tutte le chiavi, aprire le finestre e le porte affermando che non aveva paura né del freddo né delle persone malvagie. Cfr. M. Baratta, M. Galandra, op. cit., p. 110